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"Marcello il bello, un trasformer senza scrupoli": il ritratto impietoso di Pittella firmato Bolognetti

“Senza porsi alcun problema ha nominato a capo della sua segreteria il fratello di uno dei magistrati che lo hanno assolto. Il Csm avrà qualcosa da obiettare? Proverò a interrogarli a fine estate”

"Marcello il bello, un trasformer senza scrupoli": il ritratto impietoso di Pittella firmato Bolognetti

da sinistra Bolognetti e Pittella

Maurizio Bolognetti non usa mezzi termini per descrivere Marcello Pittella. “Un personaggio che assomiglia in maniera inquietante a Zelig – afferma – e che nella sua carriera politica ha dimostrato una assoluta mancanza di scrupoli e una robusta dose di cinismo”. Per Bolognetti, l’ex presidente della Regione Basilicata griffato Pd ed oggi esponente di Azione in coalizione con il centrodestra è un vero e proprio “Trasformer”: “Presidente del Consiglio regionale a cottimo, assente e arrogante; urologo della Asp, tirocinante del San Carlo, urologo privato; amico di tutti e di nessuno; persecutore dei lucani all’estero con trasferte non poco economiche. E soprattutto un clone del mitico Marchese del Grillo, di cui certo però non ha la simpatia”. Il radicale Bolognetti rilancia anche sul piano delle opportunità istituzionali: “Senza porsi alcun problema, ha nominato a capo della sua segreteria il fratello di uno dei magistrati che lo hanno assolto. Il Csm avrà qualcosa da obiettare? Proverò a interrogarli a fine estate”. Poi l’affondo ironico: “Da un momento all’altro mi aspetto che il dottor Guido Tersili, alias Marcello il bello, nomini – al contrario di Caligola – uno dei suoi più stretti collaboratori ‘Cavallo’. O, più probabilmente, ‘Asino’. Non saprei dargli torto: almeno avrebbe qualcuno con cui ragliare”. Bolognetti non risparmia critiche nemmeno a Carlo Calenda, ribattezzato “il fioraio dei Parioli”: “Lo asseconda in tutto, nel timore di essere commissariato. Ammesso e non concesso che non lo sia già”. L’analisi si allarga all’intero partito: “Visti da vicino, quelli di Azione – fatta qualche eccezione – rappresentano l’emblema di una politica che non c’è e che non ha dignità alcuna. Sono parte del presepio del settantennio di metamorfosi del male: meri esecutori materiali che si illudono di decidere qualcosa; servi al servizio di poteri per alcuni invisibili”. Un j’accuse diretto, che intreccia satira e denuncia politica, e che promette di alimentare nuove polemiche nei corridoi della politica lucana.

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