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Riletture Estive: «Io e Lui» di Alberto Moravia e l'Identità femminile

Riletture Estive: «Io e Lui» di Alberto Moravia e l'Identità femminile

Sarà il caldo sarà quello che sarà, ma, tanto per cambiare, un certo modo di proporsi del maschio è immutabile.
Non mi riferisco alla galanteria, e quindi alla capacità di esercitare la seduzione attraverso il velo leggero, e necessario, delle buone maniere, ma mi riferisco a quel modo di proporsi del maschio che gli si legge in faccia, nello sguardo febbrile da cacciatore di faraone, che inquieta, quanto le mani messe dappertutto, e non richieste, sul corpo di una donna.
Torna utile a questo punto la rilettura del libro di Alberto Moravia "Io e lui" pubblicato nel 1971, un romanzo che unisce l'introspezione psicologica, la satira sociale alla sperimentazione narrativa. L’opera si distingue per la sua originalità (per l’epoca in cui fu pubblicato rappresentò una novità) per via del dialogo che il protagonista ha con una parte di sé, precisamente con il suo organo sessuale, che viene personificato e chiamato “lui”. La scelta duale offre a Moravia la possibilità di riflettere sul desiderio, sull’identità maschile, sull’alienazione e sul ruolo della sessualità nella società borghese.Tutte cose che sono rimaste uguali a come lui le narrava, per il semplice motivo che l'Italia, il mondo, sono governati e dominati dagli anziani, i quali continuano a riproporre i loro vetusti schemi esistenziali, eppure le donne sono cambiate nel mentre, a differenza del mondo delle relazioni o meglio a differenza del mondo del maschio borghese, che non è dissimile da quello del maschio che borghese non è, che è rimasto uguale.
Il nocciolo del romanzo è la disgregazione dell’identità del protagonista, un regista cinematografico frustrato, in conflitto tra razionalità e istinto. Questo dualismo trova per l'autore la risoluzione nel dialogo tra "io" e "lui".
«Lui parlava, protestava, voleva essere ascoltato. Io cercavo di ignorarlo, ma era impossibile.»
E così “lui” diventa voce autonoma, ineludibile, spesso in contrasto con il "pensiero razionale" dell’io, che è la parte narrante.
Il romanzo si inserisce in un filone di critica sociale in cui Moravia analizza l’alienazione dell’uomo moderno attraverso la sessualità, che diventa la valvola di sfogo a un’esistenza bloccata.
«Io volevo fare un film sull’alienazione, lui voleva solo andare a letto con la segretaria.»
La frattura tra l'ambizione intellettuale e la pulsione sessuale dà modo all'autore di assumere una posizione critica nei confronti della "falsa coscienza" dell’intellettuale borghese, incapace di connettersi con la realtà, un fatto oggi ulteriormente amplificato dai social, tanto da essere questa pulsione sessuale un’impellenza che non tiene conto nemmeno dei limiti dell'età, in pratica oggi anche un novantenne si sente pronto per un incontro, con chiunque, illuminato dall’abat – jour (sic!)
Moravia, anche qui come in molte sue opere, critica l’ipocrisia della società borghese, dove la cultura e la morale convivono con la repressione e l’insoddisfazione.
L’"io" diventa così il simbolo dell’intellettuale, che, pur avendo accesso alla cultura e alla libertà, è paralizzato dalla propria insicurezza e dal disprezzo per il corpo, a causa della dipendenza dal desiderio, e quindi della difficoltà dell’artista di separarsi dalla sua dimensione più istintiva.
«Forse non sono io che faccio i film, ma lui, con le sue fantasie torbide e infantili.»
La struttura del romanzo dialogica è a tratti teatrale e i dialoghi tra "ragione" e "pulsione" creano un effetto di comicità amara, surreale. Il linguaggio alterna registri colti a espressioni più dirette, più crude, rispecchiando il contrasto tra le due parti/identità del protagonista. Questa contrapposizione visiva e simbolica racchiude l’essenza del conflitto interno e cioè della verità del corpo contro le maschere dell’io.
«Lui era nudo, sincero, brutale. Io ero vestito, ambiguo, ipocrita.»
"Io e lui" è un romanzo di grande densità simbolica e filosofica, apparentemente comico, ma in realtà profondamente inquieto. Lo scrittore esplora con lucidità e ironia le contraddizioni dell’uomo moderno.
Il libro non presenta figure femminili centrali: “lui” è un organo, e la donna del romanzo, la "protagonista", si confronta con la pulsione maschile, mai con l'essere "uomo" in toto. Questa scelta narrativa rende invisibile la prospettiva femminile, offrendo una lente centrata su un conflitto maschile interiore che è diventato una dimensione abitata dal maschile, ieri ma anche oggi, la ragione per cui può essere letto come una critica alla mascolinità tossica, all’intellettualismo borghese, e al rapporto alienato con la sessualità, in una società ancora profondamente repressiva.
E fin qui niente di nuovo ma tutto di vecchio, e allora in che modo la letteratura femminile contemporanea risponde?
La produzione letteraria contemporanea racconta una femminilità attiva, complessa, che esprime ambizioni e non è ridotta al ruolo di oggetto desiderante.
In “ Tutto il bene, tutto il male”, di Carolina Carulli, per esempio, abbiamo come protagoniste madri e figlie, che dialogano senza maschere e affrontano la sessualità, senza sottostare a modelli patriarcali.
Invece autrici come Loredana Lipperini e Alice Sebold hanno promosso una narrativa #MeToo che non si è limitata alla denuncia, ma che ha spinto verso nuove forme letterarie, capaci di rivendicare, ribellarsi, riesprimersi.
Moravia invece ritrae figure femminili costrette fra ruoli borghesi soffocanti, oggettificazione erotica, e silenzio narrativo. Il loro spazio interiore è raramente esplorato, mentre i conflitti sono filtrati attraverso lo sguardo maschile.
Al contrario, la letteratura post-#MeToo valorizza protagoniste che non hanno paura di parlare – direttamente o indirettamente – della loro emancipazione, della sessualità come strumento di azione e del conflitto con strutture patriarcali.
Femministe come Carla Lonzi, in Italia, e Laura Mulvey, tra le maggiori esponenti della critica cinematografica femminista, insistono sull’autenticità femminile e sulla liberazione dalle definizioni imposte dagli uomini, come quelle che vogliono le donne nei media trasformate in “oggetti del desiderio maschile”, spesso silenziose o monodimensionali.
In Moravia infatti, le figure femminili appaiono spesso come fantasmi del desiderio altrui, prive di autonomia, coerenti con le critiche mulveiane.
L'analisi femminista mette in luce una caratteristica ricorrente, ovvero il silenzio o la subordinazione delle voci femminili, spesso ridotte a strumenti narrativi per l’ego maschile.
Utilizzando gli strumenti di Lonzi e di Mulvey, possiamo criticare Moravia per il suo approccio incentrato sulla mascolinità e sull’alienazione maschile, a scapito di una reale narrazione femminile.
I femminismi odierni invitano a leggere Moravia con spirito critico, ponendo l'accento su ciò che manca alla sua narrazione ovvero: la voce, la capacità di agire e la complessità stessa delle donne.
In pratica tutto quello che oggi l’uomo medio ancora ignora dell'identità femminile. Insomma siamo fermi ad Alberto Moravia eppure lo ignoriamo, o meglio lo ignorano la gran parte degli uomini, lo sanno benissimo la gran parte delle donne.
Forse per questo l'opera omnia dello scrittore è stata totalmente dimenticata dai lettori, o forse è stata dimenticata proprio perché la sua opera omnia è troppo vera per essere accettata?

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