IL MATTINO
Cultura
11.06.2025 - 09:58
"Addio, signor Haffmann" distribuito in Francia nel gennaio 2022, girato nel 2021, dal 5 giugno è visibile, gratuitamente, su Rai Movie, in prima mondiale.
Perché un film non di certo nuovo è così importante?
Il film fa parte di quel filone cinematografico definito della vergogna, espressione nata in Italia che però oggi ha una valenza transnazionale, filone nato con lo scopo di esorcizzare, attraverso il linguaggio e la rappresentazione cinematografica, una condizione politica e sociale umanamente irrappresentabile, in quanto moralmente insostenibile. Si tratta quindi di film prodotti nel dopoguerra che affrontano il problema della difficoltà morale e storica che ha accompagnato l'avvento del nazionalsocialismo, del fascismo, del pétainismo, e delle problematiche esistenziali che ne sono susseguite, quali: il collaborazionismo, la deportazione degli ebrei, l'indifferenza sociale conseguente.
Tutto questo ha fatto sì che vi fosse un'operazione di rimozione collettiva enorme, mai recuperata, eppure questo film ci pone in maniera differente rispetto alla Storia vediamo come.
La trama
"Addio, signor Hoffman" narra la vicenda esistenziale, a Parigi nel 1941, di Joseph Haffmann, un gioielliere ebreo, interpretato da Daniel Auteuil, e di come la sua vita, in virtù del suo essere ebreo, cambi in maniera rapida, chirurgica ma anche lucida, fino all'epilogo quasi rocambolesco ma assolutamente consequenziale.
Joseph Haffmann temendo per la propria sicurezza e per quella della propria famiglia, spinge la moglie e i figli a fuggire da Parigi, con la promessa di raggiungerli una volta sistemata l'attività. E infatti prima di partire, per andare nella zona libera, dai suoi cari, cede l'attività al dipendente François Mercier, interpretato da Gilles Lellouche, con l'accordo che, una volta terminata la guerra, tutto gli sarà restituito. Solo che i piani di Haffmann saltano, costringendolo a nascondersi nel seminterrato di casa sua. Nel mentre Mercier e sua moglie Blanche, l'attrice Sara Giraudeau, si trasferiscono nell'abitazione di Haffmann, dando inizio a una convivenza forzata che ribalterà ogni cosa, dando nuove e più consapevoli prospettive di vita.
Cinema vs Teatro
Il film diretto dal cecoslovacco Václav Marhoul, è tratto dal romanzo “The Painted Bird” di Jerzy Kosinski (scrittore polacco che aveva vissuto l'occupazione nazista e che si era trasferito in seguito negli Stati Uniti, diventandone cittadino) ed ha avuto anche una trasposizione teatrale di cui conserva l'impianto, nonostante le necessarie differenze. L'adattamento teatrale è di Jean-Philippe Daguerre. Nel film è tutto visivamente teso, in pratica c'è un continuo lavorio di nervi, che traspare dagli sguardi, dalle azioni degli interpreti, ma che è allo stesso tempo molto controllato, mai ridondante, in pratica tutto è possibile, benché la saturazione delle situazioni abbia una sua impalpabile consistenza. Il film è stato girato in piena pandemia COVID-19, cosa che ha contribuito a fargli assumere un aspetto surreale, alcune scene sono state girate in un quartiere "fantasma" di Parigi , tanto da renderlo ancora più credibile. Al Festival del "Cinema di Sarlat 2021", il film ha vinto "La Salamandra d'Oro", per il miglior film e Sara Giraudeau si è aggiudicata il premio come migliore attrice.
È davvero questo un film sulla vergogna?
No, è qualcosa di più e forse per la prima volta e in maniera netta, un film che tratta questi temi dà un taglio totalmente differente all'intera operazione. In pratica, si configura un elemento mai totalmente evidenziato quando si scrive di ebrei, e cioè che alla base di tutto ciò che ha portato alla loro persecuzione, e pure alla non risoluzione dei conflitti politici e religiosi, che li riguardano, ci sia il conflitto di classe. In pratica anche se Mercier accetta lo scambio di vite, come naturale (e qui si fa strada il convincimento che tutti abbiano diritto alla ricchezza e che possano arrivarci anche scambiandosi la vita con un altro) alla fine si rende conto che non è proprio così, eppure insiste. E così si configura un conflitto etico e morale che coinvolge non solo lui ma tutti i protagonisti, e che prende le forme del conflitto di classe vero e proprio, che si risolve a sfavore di chi non possedendo una morale e perciò un cuore, alla fine è destinato a soccombere, come da etica protestante.
Questo aspetto mette in luce ancora un'altra cosa e cioè che un film con un impianto così potente e sottile poteva essere girato solo in Francia.
La ragione?
La Francia ha sostituito la nobiltà con la borghesia e ha così costruito un sistema di vita dove la moralità borghese poi dà il passo ad ogni cosa, al punto di sconfinare pure nel sogno americano e cioè che solo i giusti/buoni vanno dappertutto.
E quindi è un film per tutti e dove ci sono le tematiche contemporanee della difficoltà di farsi umanità, mentre la vita si svolge tra le mura di casa, quelle d'altri. Il grande fratello in pratica, e per questo la vita si dilata, ma si restringe anche, fino a produrre nuove consapevolezze, grazie anche a ciò che accade mentre Haffmann vive nascosto, nella cantina della sua casa, in silenzio. È questo suo un silenzio riflessivo e tensivo, teatrale e perciò stesso metaforico.
Il senso di inferiorità che pervade Mercier nei confronti di Haffmann è la prova del suo bisogno di volerlo sostituire, con gli strumenti che gli sono noti: la delazione, l'invidia, il risentimento, insomma il collaborazionismo bello e buono, che poi è uno spazio di sovversione e di lotta per lui.
Il finale è americano, a riprova che il cinema americano, la cultura americana ci permea ma è anche molto letterario e cosmopolita perché prevede l'espiazione, la punizione e la rinascita, tematiche da autori robusti ovvero russi, francesi, cechi, polacchi.
Il personaggio di Blanche è quello più netto, le donne al di là delle narrazioni, sempre più distorte, se utilizzano l'intelletto riescono a raddrizzare ogni cosa, ed è bello trovare un personaggio femminile di questo tipo, una volta ogni tanto.
Per quanto riguarda invece Hoffmann/Auteuil la sua interpretazione è magistrale, da vero borghese consapevole, e quindi forse forse servirebbe iniziare a pensare alla guerra eterna con gli ebrei e il mondo, e tra palestinesi ed ebrei come a una guerra di classe da risolvere al più presto.
Ne guadagnerebbe in logica e in maturità l'umanità intera.
Postilla
Esempi significativi del “cinema della vergogna” italiano
1. Kapò (Gillo Pontecorvo, 1960)
Uno dei primi film italiani a raccontare di un campo di concentramento.
2. La tregua (Francesco Rosi, 1997) – dal libro di Primo Levi
È la storia del ritorno a casa dei sopravvissuti dai campi di sterminio e della loro elaborazione del trauma.
3. L'oro di Roma (Carlo Lizzani, 1961)
Racconta del rastrellamento del Ghetto di Roma (16 ottobre 1943), un evento simbolo.
4. La porta del cielo (Vittorio De Sica, 1945)
Girato sotto il fascismo ma “di nascosto”
(vi recitavano attori ebrei e comparse perseguitate)
5. Il giardino dei Finzi Contini (Vittorio De Sica, 1970)
Dal romanzo di Giorgio Bassani, racconta la progressiva esclusione e persecuzione degli ebrei italiani sotto il fascismo.
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