IL MATTINO
ultime notizie
22.04.2025 - 16:30
Card. Roberto Repole
C’è un vento buono che soffia dalla Lucania e arriva fino ai palazzi vaticani. Un vento che sa di radici antiche, di dignità operaia, di fede profonda. Soffia da Rapone, il piccolo paese delle fiabe. È la storia di Roberto Repole, figlio di emigranti, oggi arcivescovo di Torino creato e pubblicato Cardinale da Papa Francesco nel Concistoro del 7 dicembre 2024 del Titolo di Gesù Divino Maestro alla Pineta Sacchetti. Con il suo nome l'umile terra lucana entra simbolicamente nel Conclave. E non da spettatrice. Nato a Torino il 29 gennaio 1967, Repole porta nel sangue la storia di chi ha cercato fortuna altrove senza mai dimenticare da dove veniva. Suo padre, Vito, classe 1939, originario di Rapone, partì giovanissimo alla fine degli anni ’50 per cercare lavoro al Nord. Lo trovò come piastrellista. Sua madre, Concetta Mancuso, siciliana, nata a Corleone nel 1938. Insieme hanno costruito una famiglia e una vita a Torino, in quel Piemonte che all’epoca accoglieva, ma che non era ancora casa. Eppure, la famiglia Repole si è fatta strada: integrata, rispettata, radicata. Vito fu persino assessore all’Agricoltura nel comune di Druento, piccolo centro alle porte di Torino. Roberto ha seguito la vocazione al sacerdozio e la passione per la teologia. Si è formato alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, specializzandosi in teologia sistematica e antropologia sociale. È stato presidente dell’Associazione Teologica Italiana, docente alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, autore di saggi e libri molto apprezzati, tra cui una delle prime analisi su Papa Francesco: Il dolce stil novo di Papa Francesco, scritto con Maurizio Gronchi. Eppure, non è mai stato il “teologo da scrivania”. Anzi. Come dice chi lo conosce, ha il passo lento dei pastori veri, quelli che conoscono le pecore una a una. E guarda sempre verso i cantieri della crisi: le fabbriche, le periferie, i centri di detenzione, i luoghi dimenticati dove il dolore è quotidiano. Nominato arcivescovo di Torino, Repole ha saputo incarnare quello stile bergogliano che predilige i margini ai salotti. Ha sostenuto i lavoratori di Mirafiori, si è recato spesso negli stabilimenti dell'indotto, ha dialogato con John Elkann, presidente di Stellantis, non per mera diplomazia ma per portare la voce degli operai, delle famiglie, dei precari. In Roberto Repole c’è una coerenza rara: quella di un uomo che non ha mai dimenticato chi è, né da dove viene. Non ha mai lasciato che la carriera spegnesse la compassione. Che non ha mai rinunciato ad ascoltare prima di parlare. “Un uomo serio e apprezzato”, ricordano ancora. Ma il legame con Rapone non si è mai spezzato. La sindaca Felicetta Lorenzo lo ha ribadito a più riprese e con orgoglio: «Roberto è tornato spesso, ha partecipato alla processione di San Vito, ha concelebrato con noi. Lo sentiamo uno di noi». E lo è davvero: nel prossimo Conclave, quando si chiuderanno le porte della Cappella Sistina e inizierà il tempo della scelta, tra le tante voci che guideranno la Chiesa verso il futuro, ci sarà anche quella di un uomo con il sangue lucano, ma con un respiro universale.
edizione digitale
Il Mattino di foggia