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Autismo, la sfida della Basilicata: più servizi, più ascolto, più diritti


Zaira Giugliano: «Non chiediamo assistenza, ma dignità e futuro per i nostri figli»

Autismo, la sfida della Basilicata: più servizi, più ascolto, più diritti


In occasione della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull'Autismo, celebrata ieri, 2 aprile, abbiamo voluto approfondire la realtà lucana attraverso la voce di chi da anni è impegnata sul campo. Abbiamo intervistato Zaira Giugliano, già presidente dell'Associazione Lucana Autismo (ALA) e attuale referente territoriale per il Gruppo Asperger Onlus, impegnata da oltre un decennio nella tutela dei diritti e nell'inclusione delle persone nello spettro autistico.
L'assenza di una mappatura puntuale sull'autismo in Basilicata incide sulla pianificazione dei servizi. Quanto pesa questa lacuna?
Da quando ho fondato ALA nel 2009, abbiamo chiesto ripetutamente alle istituzioni una mappatura reale del fenomeno. Sapere quante persone autistiche ci sono sul territorio, in quali fasce d'età, è essenziale per programmare interventi. A oggi, nonostante vari tentativi, anche con il garante per l'infanzia Vincenzo Giuliano, questi dati non esistono. Le richieste fatte agli enti preposti, come l’Inps, si sono scontrate con vincoli di privacy. Senza numeri certi, ogni programmazione è fittizia.
Quali strumenti andrebbero messi in campo per ottenere una mappatura più accurata?
Credo che servirebbe un ufficio regionale dedicato esclusivamente al monitoraggio dell’autismo, in collaborazione con l’Inps, che possiede i dati relativi alla certificazione di invalidità. Anche scuole e centri diagnostici potrebbero contribuire, ma la regia deve essere regionale.
Recentemente la Regione ha stanziato 1,1 milioni di euro per progetti di inclusione sociale, di cui solo 210 mila euro destinati all'autismo. Sono risorse adeguate?
No. Sono fondi sperimentali, insufficienti per rispondere ai reali bisogni delle persone autistiche e delle loro famiglie. Lo dimostra il progetto a cui partecipa mio figlio, assieme ad altri ragazzi, basato sulla vendita di piantine aromatiche. Iniziative preziose, ma che rischiano di interrompersi al termine dei fondi. Servono percorsi continui, non progetti a termine.
Ritiene che i fondi attuali siano adeguati rispetto alle necessità?
Decisamente no. Occorrono maggiori risorse per garantire percorsi di autonomia e strutture di accoglienza differenziate. Ad esempio, per mio figlio è stata proposta una prova di co-housing in un luogo isolato, lontano da servizi e socialità: soluzione inadatta. Le strutture vanno pensate nel cuore delle città, perché l’autonomia si costruisce nella vita reale, non nell’isolamento. E serve una rete flessibile che tenga conto della pluralità degli autismi.
La Basilicata dispone solo di due centri specializzati. Qual è l’impatto di questa carenza?
L’impatto è pesantissimo. Potenza, capoluogo regionale, non ha un centro dedicato: esiste solo un ambulatorio. I centri di riferimento sono a Chiaromonte e, da poco, a Matera. Questo costringe le famiglie a lunghi spostamenti. Avevamo proposto, già nel 2011, una legge per creare una rete di servizi regionali, ma non è mai stata attuata. Ancora oggi manca una presa in carico globale e capillare.
Quali sono i tempi medi per una diagnosi in Basilicata? Le associazioni sono coinvolte nel supporto alle famiglie?
Per una diagnosi occorrono dai sei agli otto mesi, tempi inaccettabili. Le associazioni fanno il possibile, ma molte famiglie faticano ad accettare la diagnosi e a chiedere aiuto. C’è bisogno di più personale qualificato e di un accompagnamento costante.
E sul fronte scolastico?
Le criticità principali sono legate alla formazione degli insegnanti di sostegno. Troppo spesso manca la competenza specifica sull’autismo e, talvolta, anche la volontà di credere nelle potenzialità degli studenti autistici. Occorre un cambio di approccio: seguire lo stile di apprendimento di ogni ragazzo e potenziarne i talenti.
Sono stati avviati 17 progetti di inclusione lavorativa per un totale di 520.000 euro. Sono sufficienti?
No. I fondi sono scarsi e le attività troppo limitate. Serve maggiore varietà, perché ogni persona autistica è diversa. A livello nazionale, il Gruppo Asperger Onlus sta facendo molto: ad esempio, in Veneto ha stipulato un protocollo con l’Inps per facilitare l’accesso ai diritti. Anche in Basilicata si dovrebbero replicare buone pratiche già sperimentate altrove.
Come valuta la collaborazione tra associazioni e istituzioni regionali?
Negli anni passati, l’ascolto delle associazioni si limitava agli eventi istituzionali del 2 aprile. Oggi vedo maggiore apertura, ma servono fatti concreti, non solo buoni propositi. Le associazioni devono essere coinvolte stabilmente nella progettazione delle politiche.
La legge regionale n. 40/2021 ha prodotto risultati concreti?
Purtroppo no. La legge è stata approvata, ma non attuata. Nessuno degli interventi previsti è stato messo in pratica. Tutto è rimasto sulla carta, mentre i fondi del PNRR hanno spostato l’attenzione altrove.
Guardando al futuro, quali sono le priorità?
Tre. Primo, costruire strutture e percorsi per il "dopo di noi", che garantiscano autonomia e dignità. Secondo, coinvolgere direttamente le persone autistiche nella definizione delle politiche che li riguardano. Terzo, sostenere concretamente le famiglie, perché possano essere risorsa e non peso per la società.
Un ultimo pensiero.
Chiedo solo che le persone autistiche siano riconosciute per ciò che sono: persone, con diritti, bisogni, sogni e talenti. Non chiediamo assistenzialismo, ma dignità.

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