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Lucia Annicelli, la bibliotecaria di ferro dell'Antoniana

Lucia Annicelli, la bibliotecaria di ferro dell'Antoniana

Lucia Annicelli ha il passo felpato ed è una persona che ti investe con tutti i libri che si porta dentro, e dietro, da bambina, quando ti incontra.
Di professione fa la bibliotecaria, su un'isola, Ischia, e le due cose sono strettamente correlate, vista la sua riservatezza.
Custodire libri è una professione particolare, e chi sceglie di farlo è una persona che ha fatto della passione per questi oggetti cartacei, così prossimi a noi umani, una missione, missione che la pone in una condizione privilegiata: quella di osservatrice e di nume tutelare di ogni singolo libro a sua disposizione.

Da dove nasce questo tuo desiderio di custodire i libri?
«Nasce dalla mia giovanile insicurezza, poi un giorno l'incontro con un professore, il cui studio era praticamente sommerso dai libri, ha fatto sì che la mia "insicurezza" diventasse il mio lavoro. Il professore mi fece capire che la biblioteca era un maniero, nel quale ci chiudevano per avere accesso alla conoscenza, grazie alla capacità dei libri di potere rispondere alle grandi domande. All'epoca Ischia non aveva biblioteche pubbliche e le mie prime esperienze di frequentazione delle biblioteche sono legate a quelle del centro Italia. L'isola ancora doveva costruire la propria tradizione bibliotecaria, secondo le più innovative conquiste della biblioteconomia.»

In che anno sei arrivata a dirigere l'Antoniana?
«Era il 14 giugno del 2010, anche se già dal 1999 collaboravo come volontaria sia con la Biblioteca Antoniana, sia con la Biblioteca Diocesana. Dal 1999 al 2001 ebbe luogo il restauro dell’immobile e del patrimonio librario ischitano. Allora frequentavo la facoltà in "Conservazione dei Beni Culturali" e un corso post diploma come "Tecnico curatore di beni culturali archivistici e librari". Alla riapertura dell’Antoniana ho cominciato a frequentarla assiduamente e il suo patrimonio più antico è diventato oggetto d’interesse per la mia tesi.
L'inizio di questo cammino fu però casuale, perché dal mio corso di biblioteconomia fui prima esclusa e poi ripescata. Era evidente che quella dovesse essere la mia strada».

E poi?
«E poi iniziai a collaborare con il professore di cui ero stata tesista, all’Università come cultrice della materia. Avevo un sogno: la Scuola Vaticana di Biblioteconomia. E quella è diventata la mia naturale destinazione.»

E cosa accadde?
«Durante questa esperienza trovai l'elenco dei libri che da Santa Maria alla Scala di Ischia confluì nell’elenco di un’inchiesta avviata dalla "Congregazione dell’Indice". Avrei voluto pubblicarlo, dava la misura dello portanza degli ordini monastici e dell’attenzione che prestavano ai fenomeni culturali in corso. Allora le strutture conventuali erano rilevanti, non erano cittadelle isolate, dialogavano con l’esterno, consapevoli delle trasformazioni socio-politiche e del dibattito culturale del tempo. Ho iniziato a presentare questo mio lavoro con il Centro Studi isola d’Ischia, presto sarà pubblicato.»

Quali fini persegue il centro?
«Il Centro studi intercetta lavori su Ischia, ed è una risorsa fondamentale per l’isola stessa, grazie agli studi condivisi dai soci. Preziosi ne sono, infatti, gli atti.»

Quanti libri hai al tuo attivo?
«Una biografia su Monsignor Onofrio Buonocore, che mi ha permesso di comprendere a pieno la sua azione culturale, poi lo studio sul Codice Massonico, pubblicato nel 2018 (nel 2017 erano stati celebrati i 500 anni della Massoneria) che mi ha portata alla consapevolezza di cosa fosse la Massoneria nel’700. Ci sono voluti dieci anni per arrivare alla pubblicazione dello studio, e sono orgogliosa per avere raccontato l’origine della Massoneria nel Regno di Napoli. Ci tengo a sottolineare che è importante pubblicare quando si è davvero consapevoli del percorso di studi svolto. Ci vuole il tempo per maturare ciò che si studia e per trasformarlo in qualcosa di utile per gli altri.»

Come trascorri il tempo libero?
«Studio e lavoro, ma i figli sono la priorità. Sono anche molto legata a Napoli e mi piace tornarci. Ho anche una passione per le erbe aromatiche, che mai devono mancare nel piccolo orto di casa. Se la casa sei tu, le erbe in qualche modo raccontano simbolicamente quanto tu sia l’esito degli incontri, che hanno aggiunto sapore alla tua vita. Mi riferisco tanto alle persone quanto ai libri»

Cos'è Ischia per te?
«Le colazioni a Ischia Ponte, con mio marito Alberto. La semplicità e l’arrivo dei pescherecci con il loro carico di pesce. Gli odori, i profumi, la felicità. E poi la Vittoria Colonna di De Angelis, antistante al pontile. Se le si guarda la nuca è affascinante ed enigmatica con la sua conformazione orografica, se la si guarda in viso c’è lei che osserva il Castello Aragonese, la sua storia, con il volto stravolto dai venti e dalla corrosività delle trasformazioni.»

Un sogno nel cassetto?
«Chi custodisce i libri poi sente il bisogno di scrivere a sua volta. Vorrei scrivere la storia di mia madre e pertanto della mia famiglia, che ha avuto la capacità di “testimoniare” la storia del ‘900 adattandosi al tempo e insegnandomi il valore straordinario dell’assenza. E per chiudere vorrei sottolineare quanto sia stata importante l'Antoniana per me, per la mia crescita personale e professionale, per la capacità che ha avuto di farmi entrare in contatto con il mondo esterno: il tesoro più grande.»

A proposito del “Codice Massonico di Ischia”


(piccola postilla all'intervista a Lucia Annicelli)

Esiste un’associazione che prende il nome di Massoneria, un'associazione che ha assunto i connotati, almeno ai nostri occhi di contemporanei, dell’ "associazione a delinquere", perché il suo muoversi sullo sfondo e nei gangli vitali di qualsivoglia sistema politico, e di qualsivoglia paese, a partire dal momento in cui fu istituita, l'ha resa temibile e oscura al punto che pure la "Spectre", famigerata società del male, per Ian Fleming, sembra essere la Massoneria, soprattutto negli 007 cinematografici che hanno, un James Bond, con le fattezze e il corpo di Daniel Craig.
In Italia, in particolare, la Massoneria, ha assunto i contorni minacciosi e asfissianti della P2, loggia massonica che vedeva in Licio Gelli il gran ciambellano, anche se il capo in pectore della P2 si riteneva fosse Giulio Andreotti. A tal proposito Luigi Malerba gli scrisse una lettera dal titolo “Il romanzo di Belzebù”, lettera nella quale lo scrittore invitava un Andreotti ormai vecchio, e sotto inchiesta, a liberarsi di tutti i suoi misteri, se mai scrivendo un libro.
«Da molti anni, in margine ai suoi impegni politici, lei dedica qualche brano di tempo alla scrittura. Libri per ricordare i suoi incontri con rinomati personaggi visti da vicino, note ritocchino e articoli sulla stampa periodica. [...] Lei è oggi nella propizia condizione di scrivere un grande libro è ottenere così non tanto dei discutibili riconoscimenti letterari, ma il plauso degli italiani politicamente più consapevoli che ogni governo riaffiorare sui giornali i misteri di mezzo secolo di storia.»
Andreotti non scrisse nulla, sbagliando, a quel punto sarebbe stato utile capire come si fosse giunti a ciò, e cioè a percepire la Massoneria come il regno del male, e per questo si rivela utile il bel saggio di Lucia Annicelli, saggio dal titolo “Il Codice Massonico di Ischia", Stamperia del Valentino editore, un titolo che è un programma, e che è anche la giusta risoluzione per questo modo di guardare alla Massoneria solo in negativo.
Non è la sola ad avere fatto ciò, anche Pericle Manuzzi, il maggiore studioso della Massoneria Italiana, si è interessato all'argomento. Manuzzi era anch’egli bibliotecario, e senza il suo apporto, della Massoneria si saprebbe poco o niente, dove per Massoneria deve intendersi l'Istituzione non di certo le sue collaterali deviazioni.
La Annicelli per portare a compimento il suo studio si è trasformata in una detective, una professione oggi molto di moda, sia nella finzione sia nella realtà, e il "colpo" che ha messo a segno è stato il ritrovamento del cosiddetto Codice dell’Acquavitaro, un codice risalente alla seconda metà del XVIII, che permette di fare luce su quella che fu la prima loggia speculativa napoletana e su i suoi rapporti con le altre logge in Europa.
Grazie al suo lavoro, il grande libro della Massoneria, è stato ricollocato non solo nella "sua" biblioteca dove l’aveva posto Onofrio Buonocore, fondatore dell’Antoniana, ma è stato ricollocato nella biblioteca di ognuno di noi, perché ha riportato la Massoneria nella realtà, spogliandola di tutto ciò che per noi la Massoneria rappresenta, e che la Annicelli ci dice non essere esatto, come mai possono essere esatti i libri che affrontano un argomento solo inseguendone il lato oscuro.
Del resto il ritrovamento di questo documento, documento che si compone di due parti, è un enigma. La rilegatura novecentesca dei due volumi fu fatta proprio dal Buonocore, per impedire che il Fascismo potesse distruggerli. Il primo volume il "De rerum natura" di Lucrezio, fa da scudo e da nascondiglio al secondo. Lucrezio con il suo “De rerum natura” protegge e accoglie il Codice dell’Acquavitaro.
Entrambi i libri erano ritenuti “pericolosi”. Il "De Rerum Natura" è quello volgarizzato dal toscano Alessandro Marchetti, nel 1699, e di cui per cinquant'anni fu proibita la pubblicazione.
«Il secondo volume raccoglie una serie di documenti sulla fase iniziale della diffusione della Fratellanza: amministrazione del Quadro di Loggia utilizzato dai Fratelli, seguono il Regolamento di una loggia Massonica, il rituale di iniziazione e una breve storia delle “officine” napoletane.»
La Annicelli cerca di ricostruire fili, di dare risposte, avanzando ipotesi, mentre apre piste di ricerca che pongono Ischia in un circuito fitto di connessioni culturali europee.
Un thriller quasi che molto ricorda il “Nome della Rosa” di Eco, per il modo di procedere e per questa grande guerra che i libri debbono ingaggiare, con il mondo in cui vengono concepiti, per farsi messaggio utile per chi li leggerà poi.
Di certo dopo avere letto la Annicelli sarà più difficile parlare, e scrivere, di Massoneria senza tenere conto del contesto, e senza tenere conto di come gli uomini amino aggregarsi, secondo le proprie inclinazioni, per perseguire il potere da vivi, cosa che non sempre è necessariamente una colpa.
E di come talvolta le donne siano più brave di loro a dipanare le trame, non a caso Penelope era una donna.

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