IL MATTINO
Cultura
10.01.2025 - 19:21
Sono passati dieci anni dalla morte prematura di Pino Daniele avvenuta il 4 gennaio del 2015 e Stefano Senardi, produttore de “ L’uomo in blues”, di “Sotto o’ Sole” e di “E sona mo”, tre album degli inizi degli Anni ‘90, insieme a Marco Spagnoli, ha girato un film documentario, come oggi va di moda, per celebrarne l'anniversario della scomparsa.
Il docufilm prende il titolo di “Nero a Metà”, e proprio partendo da quell’album, e intorno a quell’album, gira tutta la storia dell’opera, che ha tra i protagonisti comprimari, insieme a Pino Daniele, tutti quelli che con lui cambiarono le corde alla musica napoletana, facendole fare un balzo in avanti, senza che perdesse un grammo della propria identità, se mai riportandola nell’alveo non solo della tradizione mediterranea, ma anche di quella internazionale, grazie al sound e al groove, che con l'intervento di Pino Daniele e dei suoi compagni di avventure divennero altro.
A Napoli, in quegli anni, Pino Daniele e la sua band, anche se di band non si trattava in senso stretto, visto che ognuno dei componenti aveva una spiccata e ben nota identità artistica, erano le star indiscusse, e di loro si parlava dappertutto, mentre si ascoltava la loro musica.
C’era chi li seguiva con adorazione per concerti, le groupie esistevano anche qua, e raccontava di loro senza lesinare particolari e con un' esaltazione che rasentava l'idolatria.
Nel mentre, la musica di Pino Daniele si stratificata in città e fuori, al punto di prendere il sopravvento su qualsiasi altro suono che si levava.
In pratica è esistito un prima, di dominazione assoluta di Pino Daniele, e un dopo di ripiegamento e forse anche di perdita di identità, perché quello che oggi si ascolta a Napoli, per quanto possa essere espressione di un dettato popolare, è lontanissimo da quella ricerca musicale, da tutti i punti di vista, che oggi è assente.
Il docufilm proprio perché ha deciso di essere celebrativo, senza essere eccessivamente enfatico, non riesce a trasferire quella casualità e quella passione esagerate, frutto di un lavoro di affinamento musicale e culturale enormi, che hanno consentito a Pino Daniele di diventare l’artista straordinario che è stato, riportando Napoli nella sua dimensione cosmopolita.
Manca moltissimo al docufilm tutto questo, docufilm che si segue come accade con la Santa Messa, e cioè con impazienza, con un pizzico di noia e con molta devozione, ma il sangue o meglio l'anima non c'è, e neppure c'è quella voglia irrefrenabile, allora palpabile nella realtà, di volere diventare un musicista di talento pari a quelli del resto del mondo, che con lui hanno sempre collaborato, voglia che ha accompagnato tutta la vita Pino Daniele.
Di certo l'incontro più importante per lui è stato quello con James Senese, che lo ha praticamente "plasmato" e che ha contribuito non poco alla sua ascesa, tanto che si parla di Senese come del vero autore dei brani più iconici e di successo del cantautore e musicista napoletano.
E quindi non deve stupire che alla domanda fatta a James Senese di dove sia per lui Pino Daniele la risposta sia: “È con me”, una risposta realissima e tutt’altro che sibillina, come non deve o può stupire che per Senese il Daniele vero sia quello della prima ora.
E invece James Senese si sbaglia perché Pino Daniele allontanandosi da Napoli, dalla città che lo aveva reso famoso ma che lo aveva anche rinchiuso nella gabbia del feticismo, ha continuato a diventare altro, affinando l’animalità alla Senese e rincorrendo l'ideale di una vita meno esposta e famelica di quella che aveva condotto fin lì, perché avere raggiunto il successo poi gli ha fatto desiderare la normalità.
Insomma ha fatto musica con i migliori del suo tempo, ha rilanciato Napoli come predisposizione dell’animo universale, ma poi se ne è andato a vivere altrove e senza troppi rimpianti, producendo dischi dal sound, in alcuni casi, più raffinato.
Il film chiaramente non fa questa disamina, che vorrebbe dire anche entrare nel privato più prossimo di Pino Daniele, che si nutre ancora di visibilità, di discussioni post mortem e di una pesantezza esistenziale, che comprende pure Napoli, e il suo essere per sempre croce e delizia per chi l’ha attraversata per un attimo e per chi ci è nato, come lui, e se ne è affrancato.
Ed infatti proprio alla luce di tutto questo è anacronistico proporre “Napul'è” ogni volta che si vuole celebrare la città, semplicemente perché è diventata una canzone immobilista (quello che non voleva essere) che gratifica l’abusatissima narrazione su Partenope, come accade con la pizza, il Vesuvio e il mandolino.
Ecco nel film questo non c’è se non a tratti, quando chi è stato invitato a ricordarlo esagera un po' o peggio ancora dimostra di averlo ascoltato solo con le orecchie, senza averlo mai capito.
Del resto è difficile da comprendere perché una persona nasca portando a compimento la propria vita, senza distogliersi da sé e dal proprio percorso, tanto da diventare un'icona.
Già Gianni Morandi cantava di quell’uno su mille che ce la fa, categoria di cui anche lui faceva parte come Pino Daniele, e così questa beatificazione troppo fresca, con ancora in testa i suoi concerti dal vivo e il suo vissuto, non cambia di una virgola quella che è la storia artistica di Pino Daniele, e cioè di un musicista che ha intuito in che modo poteva arrivare al successo, con gli strumenti in suo possesso e con l'aiuto di altri bravi quanto lui, fino a volere camminare altrove, senza il frastuono noto e senza la sua stessa incombente musica e fisicità.
Insomma il suo nero a metà più che il titolo di un album è un vero e proprio manifesto esistenziale, che richiama anche all’esigenza di una invisibilità (il nero tende a prendersi tutto lo spazio possibile ed immaginabile tanto da rendere invisibile il resto) quel resto che lui ha realizzato nella seconda parte della sua vita, l'ultima per essere più precisi e che ahi noi nel film non esiste nemmeno per un attimo, ma che nella sua musica c'è ed è molto più che definito.
Un posto ci sarà
Per questa solitudine
Perché mi sento così inutile
Davanti alla realtà
Un posto ci sarà
Fatto di lava e sole
Dove la gente sa
Che è ora di cambiare
Un posto ci sarà
Dove puoi alzarti presto
Il giorno finisce per dispetto
E haje voglia di alluccà
Che un posto ci sarà
Dove si pesca ancora
E il mare porterà
Una storia nuova
Io son pazzo di te
'E chesta furtuna
Sicily, terra e nisciuno
Un posto ci sarà
Per essere felici
Cantare a squarciagola
E dici tutt' chell' ca vuo' tu
Un posto ci sarà
Dove si spera ancora
La gente porterà
Una storia nova
Io son pazzo di te
'E chesta furtuna
Sicily, terra 'e nisciuno
Sicily
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