Cerca

Inchiesta

Breve viaggio nel mondo dell'usato e del fast fashion

Breve viaggio nel mondo dell'usato e del fast fashion

«Il nostro obiettivo è la fine del fast fashion. Ecco perché abbiamo deciso di vietare su Vestiaire Collective l'acquisto, la vendita e la creazione di annunci di articoli dei maggiori colpevoli di questo fenomeno.
Vogliamo dire no a un sistema che incoraggia il consumo eccessivo e la sovrapproduzione.
Negli ultimi 15 anni, la produzione globale di capi di abbigliamento è raddoppiata. Non abbiamo mai acquistato così tanto, eppure utilizziamo quello che possediamo il 40% in meno rispetto a prima. Il nostro approccio è diverso: vogliamo incoraggiarti a comprare meno articoli, ma di migliore qualità e che durino nel tempo, separandoti in maniera responsabile del fast fashion che possiedi, per evitare che finisca in discarica.
Trovare delle soluzioni sostenibili per disfarsi del fast fashion è una questione complessa, che non ha una risposta semplice. Il meglio che possiamo fare è cominciare fin da subito ad adottare pratiche di consumo migliori. Ma c'è anche un'altra cosa: evitare di buttare quello che già possediamo. Ecco una lista di consigli pratici che puoi facilmente applicare.
· Riconsidera: pensa a nuovi modi di portare i tuoi articoli per avere una sensazione di novità.
· Upcycle: tira fuori la tua creatività e trasforma i tuoi articoli di fast fashion in qualcosa di unico.
· Scambia: organizza uno scambio di vestiti per liberare spazio nel tuo armadio e magari trovare delle nuove chicche.
· Dona: fai una buona azione e dona gli articoli che non vuoi più a qualcuno che ne ha più bisogno di te.
· Ricicla: perché non trasformare quei capi troppo rovinati per essere scambiati o donati in stracci o panni per pulire?»
·
È necessario partire da questo per iniziare il nostro breve viaggio all'interno del mercato dell'usato, perché questa dichiarazione di intenti, da web, è importante, ed è la ragione per cui migliaia di persone, che hanno l’esigenza di liberare i propri armadi per le ragioni più varie, si rivolgono a Vestiaire Collettive , sito francese che "garantisce" (come lui tantissimi altri) l'acquisto di abbigliamento e di accessori di seconda mano, a suon di provvigioni pagate, che incidono non poco sul prezzo finale dei beni acquistati, ma andiamo con ordine.

I fantastici anni '80

Il mercato dell'usato non è mai stato così fiorente come in questo periodo storico. La produzione, in questo settore, è a livelli di saturazione impossibili, al punto che anche capi ed accessori griffati, tenuti in magazzino da moltissimi anni dalle aziende produttrici, come tesoretto per i tempi di magra, si trovano oggi sul mercato, e fanno concorrenza ai capi prodotti dal fast fashion in maniera spietata, in una guerra che non conosce differenze di genere.
È questa l'unica vera guerra di classe del nostro tempo.
La Moda, grazie al prêt-à-porter ha iniziato a diventare appannaggio di tutti negli anni ‘80, il periodo d'oro del Paese, che in quegli anni ha conosciuto una seconda fase di prosperità economica, dopo il boom degli anni '60, con una redistribuzione importante di beni di consumo di segmento alto e a favore di chiunque.
Erano quelli gli anni di Armani, Valentino, Versace, Missoni, Krizia,Trussardi, Ferré e di tutti gli altri, tantissimi, che grazie alla loro inventiva cercavano di rendere uguali i cittadini/consumatori
Tutta questa merce, che veniva acquistata da chiunque, al di là delle disponibilità economiche, consentiva la nascita anche dei terzisti dell'abbigliamento, che non solo lavoravano per i marchi conosciuti, ma creavano a loro volta in proprio e per un mercato più vasto ed eterogeneo.
Insomma grazie al talento e all’inventiva di un nutrito gruppo di stilisti, il mondo del libero mercato cambiava pelle, facendo circolare tanto danaro, che garantiva stabilità economica, mentre uniformava i gusti del mondo, compiendo una rivoluzione che nemmeno Internet e i social sono stati capaci di fare in maniera così intelligente e pervicace.
Nel mentre il mercato dell'usato viveva alla sua maniera, tra stracci e capi troppo vecchi per essere venduti per nuovi, e grazie a capi frutto di aste giudiziarie e di rivendite da parte di enti benefici, che più che di abiti hanno necessità di soldi, per garantire le coperture economiche, che le organizzazioni caritatevoli richiedono per aiutare davvero i bisognosi.
Ma il mercato si sa non è intelligente di suo e tende ad allargarsi più che a fermarsi e a riflettere. Più di tutto tende a muoversi in maniera "parassitaria", nel senso che tende a replicare, e così ai terzisti si sono affiancati marchi altri, che abbassando i prezzi, e quindi anche i salari, hanno invaso il mercato saturandolo del tutto, ma aprendo un nuovo filone, questo sì d’oro del mercato di secondo mano e delle piattaforme specializzate.
Un modo per rimettere insieme i cocci e per rispondere alle difficoltà dei grandi marchi di fare cassa e di riprendersi il mercato, quello vero, e non solo quello del lusso, che è comunque fiorente ma non è tutto il mercato, almeno non tutto quello che era vitale per questo settore.
Ed è qui che Vestiaire Collective interviene, ma non solo lei.

Vestiaire Collective e le piattaforme web per la vendita dell'usato

Si sa che è la capacità di intercettare il bisogno del mercato, e di portare il mercato più in là, a smuovere le acque, e così l'esigenza dei consumatori di alleggerire gli armadi e anche di guadagnare il giusto, attraverso la vendita dei propri capi, è diventato un gancio formidabile per l'intero mondo della moda. Da una parte c'è chi vuole alleggerire il guardaroba, guadagnandoci, dall'altra c'è la necessità di fluidificare gli acquisti, per dare nuova linfa, soldi, e fiducia a chi acquista capi griffati. Vendendo il vecchio si passerà al nuovo, è questo che si crede.
Ma è proprio così?
Facciamo un passo indietro, chi ha acquistato in maniera compulsiva ha acquistato per indossare il capo ma a fronte di un eccesso, ha abbandonato i capi acquistati per altri e così sono passati anni, decenni, tutti quelli che hanno determinato un altro corso e altri acquisti. Solo che poi un giorno costoro si svegliano e ragionano sull'utilità materiale (il piacere nel mentre è defunto) di tutta questa merce e decidono di rivolgersi non alle fiere di settore, acquistando un banchetto, ma direttamente al web.
E cosa accade?
Accade di passare attraverso le forche caudine di siti che non hanno una vera identità, e che fanno della loro formale rispettabilità l'unico requisito utile su cui appoggiarsi. Una rispettabilità che è quella delle case di moda stesse, che grazie ai siti specializzati possono rivendere gli interi magazzini, senza che nessuno se ne accorga. Affiancare l'usato al nuovo, ormai vecchio, è facile, soprattutto se ai possessori di usato si chiede un attestato di autenticità che non serve a dare valore ai loro prodotti ma serve a dare un valore alle giacenze di magazzino dei grandi marchi.
A questo punto è semplicissimo per qualsiasi sito offrire la propria formale rispettabilità, data dall'avere il vecchio /nuovo del mercato, e degli esperti che riconoscono qualsiasi bene da proporre in vendita, a occhio.
Niente di strano, in effetti se davvero si è esperti di un settore, ci si prende la responsabilità di autenticare qualsiasi cosa, a prescindere dal possesso di scontrini, che già dopo pochi mesi si deteriorano, o di attestati di autenticità, anche perché quanti attestati di autenticità dovrebbe conservare un acquirente compulsivo, che nel suo perdurante delirio indossa e usa ogni bene acquistato?
Ma se per l'esperto il parametro è l'invenduto delle aziende, nessun bene avrà le stesse caratteristiche, e quindi l'esperto avrà sempre ragione, tanto più che l'autenticità dei beni testimoniata dagli scontrini e dai certificati è impossibile a provarsi su larghissima scala.
Questo meccanismo dà modo a questi siti di incrementare le vendite fuori da esso, a deprezzare tutto ciò che ancora ha un valore di mercato, e a giocare al ribasso all'infinito, perché lo scopo è quello di fare acquistare altro e cioè l'invenduto non usato, non di fare da seri intermediari nel mercato, sano e giusto della seconda mano
La favola insegna che:
- serve evitare di acquistare;
- la crisi del mondo della moda è un'amara realtà.
Ci sono migliaia di comparti che chiudono e con loro fabbriche e aziende che si spostano nei mercati di produzione del fast fashion.
Per questa ragione non troverete in vendita su queste piattaforme i capi del fast fashion, ma troverete l’invenduto dei fondi di magazzino, dove a fronte di un certificato di autenticità troverete oggetti privi di valore, come borse invecchiate/nuove, e quindi pronte a disintegrarsi, insieme all'usato di chi ha acquistato un oggetto per piacere e per vera conoscenza, ma che per il sito non vale come usato, benché originale, da fare acquistare ai prezzi della fast fashion.
E avevamo bisogno di siti sì fatti, ma soprattutto abbiamo bisogno che il comparto della Moda si erga a difensore dei nostri gusti e delle nostre scelte etiche, mentre deprezza i nostri beni facendo solo i propri interessi, nemmeno in maniera così intelligente?
Può davvero la Moda riciclarsi e rilanciarsi brutalizzando il settore dell'usato, che da sempre è stato il suo più grande ed utile buco nero?

Ps: Vestiaire Collective è una realtà come un'altra in questo settore e quindi serve come spunto, rimane l’invito aiconsumatori a lasciare perdere queste realtà, piuttosto evitate di acquistare e scambiate abbigliamento tra chi conoscete, se proprio volete liberare ed aggiornare il vostro guardaroba, l'unico modo per sanare per davvero il mercato




Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Castello Edizioni e Il Mattino di Foggia

Caratteri rimanenti: 400

edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione