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Il libro

A "Scuola di santi" con Alessandro Galano per imparare a dissacrare il senso comune

Lo scrittore foggiano Alessandro Galano, dopo il successo del suo romanzo "L'uomo che vendette il mondo" (Scatole Parlanti, 2021), vincitore del Contropremio Carver 2022 e premiato al Salone del Libro di Torino", torna a stupirci con "Scuola di santi” (Les Flâneurs Editore, marzo 2024), la sua ultima fatica letteraria.

Si tratta di un libro di racconti, dieci in tutto, nei quali l'autore scrive di provincia, di spiritualità, di amore e sesso, dolore e fatica, di vita e morte e lo fa con uno stile raffinato e mai scontato.

Personalmente il mio preferito tra i dieci è proprio il primo, che peraltro da il titolo al libro, un racconto sulla mancanza di un Dio che prima di andare a letto ti chiuda gli occhi, che cura gli affanni. Personaggi che mettono a nudo ogni fragilità, amori mancati, vite imperfette, nell'attesa che qualcosa salti fuori. Alessandro Galano con questo libro dimostra coraggio, scrivere racconti non è semplice, ma anche una capacità non comune di coinvolgere il lettore nelle storie. Piccola chicca: chi acquista "Scuola di santi" avrà anche la sorpresa di poter ascoltare, inquadrando il qr code, la fantastica playlist del libro. Buon ascolto e buona lettura!

Alessandro perché il titolo “Scuola di santi”? È collegato a qualcosa di religioso?

È un titolo demistificatorio, cioè scuola di santi e non credere ai santi, soprattutto all'esistenza dei santi. È dissacrare l'idea di una santità, di un’innocenza che, anche nei racconti, viene fuori, non esiste o comunque a un certo punto deve per forza di cose bruciare. A volte può scatenare delle storie anche molto forti come il primo racconto che non a caso si intitola Scuola di Santi e che dà il titolo alla raccolta. 

Parlando dei racconti, sono molto curiosa di chiederti se ci sono riferimenti autobiografici… 

Non sempre, ma in alcuni casi sì, salvo poi inventare. Del resto è difficile trovare veramente una vita in grado di poter raccontare tanti racconti come in questo libro, ce ne sono dieci, però ci sono degli spunti sicuramente biografici dai quali ho tratto ispirazione. Il primo racconto, per esempio, è realmente accaduto frequentando una scuola super cattolica in cui per mezz'ora, dalle 8 alle otto e mezzo, sia io che tutti i miei familiari, i miei fratelli, pregavamo davanti alla statua della Madonna che schiacciava un serpente a piedi nudi. Guarda caso poi dalla prima media ho smesso di frequentare le chiese, il catechismo e tutto il resto. Nelle storie comunque c'è anche parecchia invenzione.

Tra tutti i racconti del libro qual è quello a cui ti senti più legato e per quale motivo? 

Quello che "sento" di più forse è "Shame", probabilmente perché è stato l'ultimo che ho scritto, o quello sul quale sono tornato di più: una storia di coppia in cui tutto si ribalta attraverso l'allegoria della fine del mondo, che altro non è che la pandemia che abbiamo vissuto tutti: paradossalmente, per i due che si confrontano e affrontano durante il racconto, il Covid ha rappresentato un idillio. Ma sono molto legato anche a "La parte ima", l'ultimo, che affronta e distrugge il tema maestro-allievo, scritto mediante una seconda persona accusatoria, e al racconto "Sono venuto per la musica": quest'ultimo nasce da una storia vera perché l'io narrante che torna a casa dall'ultimo bar aperto, citando l'incipit, sono esattamente io in una notte afosa foggiana di tanti anni fa. Uno spunto autobiografico che ho poi stravolto con l'invenzione, come in tutti i racconti di questa raccolta.

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