IL MATTINO
Il caso culturale
29.10.2023 - 11:10
Al muro perimetrale di quello che un tempo fu Palazzo San Gaetano, campeggia una lapide scritta su due registri di battuta: una che segue la cornice a uno che riguarda lo speculum interno. Nonostante il fregio e le belle parole apposte a margine dell’opera, le stesse avrebbero dovuto consacrare Foggia a sede del turismo (quantomeno europeo) legato al fulgore normanno-svevo e “incoronare” la città o quantomeno ricordare il sito come “Casa di Federico II”
Ottocento anni portati bene, o forse frutto di un giovanilismo dovuto alla poca eco ricevuta a sua memoria. Anche quest’anno in cui la città di Foggia avrebbe dovuto festeggiare con tutti gli onori del caso la ricorrenza originaria della erezione del Palatium imperiale di Federico II, l’anniversario federiciano è passato in sordina. Proprio così perché all’interno della ghiera d’arco, decorata a foglie d’acanto stilizzate, posto su di un fianco del Museo Civico, c’è un riferimento preciso a questa data. Infissa infatti al muro perimetrale di quello che un tempo fu Palazzo San Gaetano, campeggia una lapide scritta su due registri di battuta: una che segue la cornice a uno che riguarda lo speculum interno. Tradotto dal latino e sceglie alcune abbreviazioni, il testo così si presenta: “Così Cesare [il CAESAR latino, l’Imperatore] ordinò di fare quest’opera, così il protomagistro BARTHOLOMEVS la costruì / Nell’anno dell’Incarnazione 1223, nel mese di giugno della XI indizione, regnando il signore nostro Federico II, da III anni Imperatore dei Romani sempre Augusto e da XXVI anni Re di Sicilia, quest’opera è stata felicemente inizio su ordine di detto signore / Ciò Federico Cesare comandò di fare perché la città di Foggia sia inclita sede regale e imperiale” (tradotto da Biagi).
Nonostante il fregio e le belle parole apposte a margine dell’opera, le stesse avrebbero dovuto consacrare Foggia a sede del turismo (quantomeno europeo) legato al fulgore normanno-svevo e “incoronare” la città o quantomeno ricordare il sito come “Casa di Federico II”; neanche un’accesa campagna elettorale è riuscita ad accendere i riflettori su questo anniversario federiciano. Vero è che un concorso per la fattura di una medaglia celebrativa vinto da una allieva della prestigiosissima Scuola della Medaglia di Roma (affiliata alla Zecca di Stato) e che, pur essendo stato attribuito, non ha mai visto la realizzazione della placca con il disegno vincitore, né tantomeno un importante convegno di studi celebratosi presso l’Università di Foggia (organizzato in collaborazione con la Società di Storia Patria per la Puglia nel novembre del ’21), entrambi indetti in occasione degli ottocento anni dall’arrivo dell’Imperatore in terra nostra, sono riusciti nell’impresa di promozione e valorizzazione degli avvenimenti legati al Caesar. Neanche le opere dedicate da artisti del calibro di Antonio Laviola e Salvatore Lovaglio (esposte rispettivamente a Palazzo della Dogana e all’Archivio di Stato) sono valse da réclame per rilanciare la sua immagine e porla a sigillo del nostro passato imperiale. Persino la sezione federiciana del Museo Civico che poteva contare su pochi pezzi tra i quali una moneta “Augustale” del conio di Brindisi, è all’attualità dismessa a causa di una infiltrazione d’acqua che corre lungo le pareti della sala.
Soltanto un foglietto erinnofilo, un pezzo per collezionisti, stampato in occasione della Fiera di Ottobre dal Poligrafico ha reso omaggio a cotanta data (nella foto). A consolare le nostre malinconie normanno-sveve e a imperitura memoria di Federico II una volta varcata la sezione romanica del Lapidarium del museo, arriva una voce squillante che si accompagna a un ologramma; qui l’attore foggiano Marco Tornese nei panni del Nostro, si fa cantore dell’amore sempiterno di Federico Ruggero (questo il nome di battesimo) per la Capitanata luce dei suoi occhi.
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