IL MATTINO
A trent'anni dalla morte di Andrea Pazienza, un ricordo fatto di voci femminili
26.06.2018 - 15:47
Sono passati trent’anni dalla morte di Andrea Pazienza, ma il suo ricordo è ancora vivo non solo tra quanti l’hanno conosciuto; sono passati trent’anni ma se siamo ancora qui a parlare di lui è perché la sua produzione artistica ha ancora qualcosa da dirci» così il giornalista e scrittore Tony Di Corcia ha ricordato Paz, in occasione della presentazione del suo nuovo libro dedicato all’artista sanseverese “La femmina è meravigliosa”. Ieri sera, nello spiazzale antistante la libreria Ubik di Foggia, Di Corcia ha raccontato alla giornalista Marzia Campagna e ai numerosissimi lettori presenti il ‘viaggio’ metaforico e reale compiuto in giro per l’Italia alla ricerca delle donne che hanno conosciuto e amato Andrea Pazienza, per rileggere la vita del genio del fumetto attraverso una prospettiva più intima e sicuramente inedita. Di seguito la nostra intervista.
Come è nata la volontà di scrivere un libro su Andrea Pazienza?
«Circa dieci anni fa ho deciso di dedicare uno speciale di Viveur all’anniversario della morte di Paz e per l’occasione ho intervistato Isabella Damiani che è stata una delle persone più presenti nella sua vita. Rileggendo di recente questa intervista mi è venuta l’idea di raccontare Pazienza attraverso le ‘sue’ donne; attraverso una prospettiva tutta al femminile, dunque, certamente diversa da quella ‘maschile’ dei suoi colleghi. E quindi ho contattato tante donne, da sua madre a sua sorella, alla sua vedova…».
È stato difficile rintracciare tutte le voci femminili del tuo romanzo?
«L’unica che è stato un po’ più difficile reperire è stata sua moglie Marina Comandini, perché conduce una vita molto appartata. Un caso particolare è stato invece quello di Betta, la sua storica fidanzata bolognese, che ho rintracciato fortuitamente grazie ad una telefonata e che mi ha raccontato delle cose molto emozionanti».
Com’è stato redigere questo libro per te che sei abituato a trattare di un altro settore?
«È stato bello e molto emozionante. Poiché, essendo avvezzo al settore della moda, incontrare delle persone ‘vere’ è stato come incontrare nuove emozioni. Stiamo parlando di un libro che tratta di una persona che non c’è più da trent’anni, che è morta molto giovane, all’età di soli 32 anni, quindi tutti l’anno ricordato con quel senso di ingiustizia che ereditiamo quando una persona va via troppo presto. È un libro che ho sentito molto. Poiché comunque è ambientato nella nostra terra, tratta di un personaggio che celebriamo spesso, perché il suo ricordo e il suo lascito sono molto vivi».
Quale ricordo tra i tanti ti ha colpito di più?
«Direi senz’altro i ricordi di sua madre, Giuliana Di Cretico, perché me l’ha raccontato permettendomi di conoscerlo profondamente. Una donna straordinaria che mi ha dato una grande lezione di dignità, parlandomi di questo suo figlio; cosa che lei continua a fare anche nelle scuole tra i più giovani. Io direi che il modo in cui la signora Giuliana parla di suo figlio è veramente un modo per tenerlo in vita, al punto che quando ero a casa sua avevo la sensazione che lui vivesse lì, che fosse solo fuori ma che sarebbe tornato da un momento all’altro. Una donna che non si è mai rassegnata, che ricomincia sempre, e ricomincia da Andrea, suo figlio. Mi ha donato l’illusione che Andrea fosse ancora vivo e vicino».
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