IL MATTINO
Il punto
22.03.2025 - 14:09
Ancora più coraggiosamente, Perruggini, promotore della manifestazione, chiama a sedersi allo stesso tavolo chi rappresentava l’organizzazione brigatista che gli ammazzò lo zio. Ecco perché a quel convegno, lunedì prossimo, bisogna andarci; perché sono rare le occasioni in cui si ha modo di ascoltare voci differenti su verità che si preferisce tacere o raccontare a senso unico: esattamente come preferirebbero che continuasse ad accadere coloro che esortano a disertare la manifestazione, sabotandone il confronto democratico e culturale.
Pd, Cgil, Anpi, Arci, Flc Cgil, Legambiente e il collettivo universitario Udu Link, in queste ore chiedono di disertare il confronto sul terrorismo in programma lunedì prossimo 24 marzo, alle ore 10, nell’aula "Francesco Maria Silla" del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Foggia, largo Giovanni Paolo II 1 (vicino la villa comunale, dove si trovava prima il tribunale),
promosso e organizzato dall’Osservatorio nazionale “Anni di Piombo”, rappresentato da Potito Perruggini, a cui i brigatisti di “Prima Linea” ucciso lo zio poliziotto 30enne a Torino, il 12 marzo 1977, con il patrocinio del Senato, della Camera dei Deputati, della Conferenza nazionale dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), presieduto dalla foggiana Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università Bicocca di Milano. La sinistra protesta vedendoci nel convegno il tentativo di «riscrivere la storia della Repubblica», e «riabilitare il ruolo avuto dalle organizzazioni neofasciste rispetto al terrorismo nero e alla stagione delle stragi che i vecchi esponenti del MSI e attuali Dirigenti di Fratelli d’Italia non hanno mai condannato con nettezza»; e di farlo in una sede dell’Università che chiedono di preservare «come sede di confronto libero volto ad assicurare verità e momento di crescista civile e culturale delle giovani generazioni». Non è così ed ecco perché, invece, il convegno è una preziosa occasione di libero confronto a cui è importante partecipare.
I contestatori di sinistra non dicono compiutamente che al centro del convegno c’è non solo la storia di Sergio Ramelli, il 18enne militante milanese del Fronte della Gioventù assassinato il 13 marzo 1975 da alcuni militanti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia Operaia, ma anche quella del coetaneo barese Benedetto Petrone della Federazione Giovanile Comunista ucciso il 28 novembre 1977 da militanti del Movimento Sociale Italiano. Di Ramelli parlerà Guido Giraudo, autore del libro “Sergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura”; di Petrone parlerà Vincenzo Colaprice, autore del libro “Benedetto Petrone. Storia di una generazione e di un delitto”. Questo i contestatori della manifestazione non lo dicono, compiutamente.
I contestatori di sinistra omettono di riferire che ad intervenire sarà certamente Potito Perruggini, di destra, ma anche Sergio D’Elia, ex terrorista di Prima Linea, cioè l’organizzazione brigatista che uccise lo zio poliziotto 30enne di Perruggini, prima di essere stato redento da Mariateresa Di Lascia, nata a Rocchetta Sant’Antonio, già parlamentare dei Radicali italiani, vincitrice del Premio Strega con “Passaggio in ombra” l’anno successivo alla sua morte, quando aveva solo quarant’anni, con la quale Sergio D’Elia ha fondato l’associazione “Nessuno tocchi Caino”, che continua attualmente a rappresentare.
In definitiva, mentre i contestatori di sinistra vogliono far credere che la manifestazione sia una «strumentalizzazione politica» di «attacco alle istituzioni democratiche e repubblicane», finalizzata a «giustificare un clima di violenza che si sviluppò in tutta Italia», da parte di «vecchi esponenti del MSI», il convegno, invece, mette coraggiosamente a confronto le storie di un ragazzo di destra e di un suo coetaneo di sinistra, entrambi vittime di quella violenza trasversale che ha insanguinato i valori costituzionali a cui i contestatori di parte si appellano; e, ancora più coraggiosamente, Perruggini chiama a sedersi allo stesso tavolo chi rappresentava l’organizzazione brigatista che gli ammazzò lo zio. Con il genuino intento di promuovere un «dialogo verso la riconciliazione e la pacificazione nazionale», come recita il sottotitolo del manifesto dell’iniziativa. Ecco perché a quel convegno, lunedì prossimo, bisogna andarci; perché sono rare le occasioni in cui si ha modo di ascoltare voci differenti su verità che si preferisce tacere o raccontare a senso unico: esattamente come preferirebbero che continuasse ad accadere coloro che esortano a disertare la manifestazione, sabotandone il confronto democratico e culturale.
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