IL MATTINO
Cultura
17.11.2021 - 20:02
Pesaro, allo Spazio Bianco in via Zongo ― galleria pubblica dedicata alla fotografia contemporanea della Fondazione Pescheria ― fino a domenica 28 novembre verrà ospitata la mostra “2020 Nuova Fotografia Italiana: materia e autorialità” a cura di Marcello Sparaventi. Stanze in cui regna una cromia bianca, minimale, che fa sì che lo sguardo del visitatore sia catturato pienamente e senza condizionamenti dall’opera, nello specifico caso 100 opere, tra video e installazioni fotografiche, appartenenti a dieci giovanissimi artisti, nati tra gli anni Novanta e Duemila e provenienti da ogni parte d’Italia: Fab(b)io,Tonio Martella, Savior, Viviana Bonura, Giacomo Gaudenzi, Elisa Moro, Erica Bardi, Finestra Gialla, Rossana Rizza e Valeria Secchi. Fab(b)io è il nome d’arte di Fabio Samela, originario del Comune di Atella, classe 2002. Fab(b)io è un ragazzo la cui fotografia nasce in un piccolo luogo, ma che riesce grazie all’uso dei social a catturare un pubblico ampio; la sua opera non si ferma al valore puramente visivo, ma lancia un contenuto che tocca mente, coscienza e sensibilità. Il Mattino intervista l’artista lucano.
In ogni tuo contenuto immagine e parola si fondono concettualmente per trasmettere un messaggio, alcune volte più esplicito e altre aperto a interpretazioni più personali. Qual è il primo step del tuo processo creativo?
«Le mie idee e sensazioni nascono principalmente da dolori e rancori che porto alle spalle, esorcizzarli nelle mie opere mi aiuta a liberarmene. Credo, che pur se “triste” come cosa, la prima fase sia quella del dolore, che però giuro che poi passa».
Un fazzoletto bianco sporco di make-up e una boccetta di smalto per unghie, un tacco alto al piede di un uomo, un bambolotto di plastica cullato da un ragazzo. Descrivi una società ingabbiata in stereotipi, che, spesso, chiude gli occhi di fronte a queste immagini additandole come “poco mascoline”. Scrivi di mascolinità tossica, cosa intendi?
«Tutto questo è una palla al piede che ci portiamo dietro da anni. Perché ogni cosa deve avere un genere o essere destinata solo ad alcune persone? Non mi sembra ci sia una regola scritta a riguardo; perché non possiamo essere liberi di fare quello che ci pare e come ci piace farlo? Vivere la propria vita come si preferisce non credo crei fastidio a nessuno. C'è bisogno di più spazio e maggiore comprensione, specialmente quando si è piccoli». Un riferimento all’età infantile su cui si sono interrogati e focalizzati anche i grandi marchi: la Lego ha annunciato quest’anno, in occasione della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze che, per garantire a tutti la possibilità di una scelta libera da ogni stereotipo o influenza sociale, rimuoverà dalle sue confezioni e dallo shop online le tradizionali, quanto datate, etichette “prodotto per bambini” e “per bambine”.
Più mi guardo meno mi rispecchio è il titolo di una tua fotografia. Oggi, grazie a questa forma di espressione, la tua immagine riflessa ti appare più nitida?
«Il mio riflesso ha ancora qualche crepa e qualche alone di polvere ma, nel momento in cui ho trovato una buona direzione sul come esprimermi, il tutto non sembra più così sfocato».
Non esporti troppo dicevano. Che tipo di feedback ricevi per i tuoi post?
«Compassione, ma anche gratitudine. Spesso le persone mi dicono di ritrovarsi in quello che faccio e io non posso che esserne grato. Un po’ mi spiace anche per loro; sapere che qualcuno si è, in qualche modo, “immedesimato” nei miei stessi casini è un po’ angosciante, ma se questo può aiutarli mi fa piacere».
Cosa significa per te partecipare alla mostra “2020 Nuova Fotografia Italiana: materia e autorialità”?
«Uno stimolante confronto, è bello condividere questi spazi e questa passione che unisce diverse anime in una sola materia, unica. Ognuno ha la sua storia da raccontare, ognuno a modo proprio. È stata un’occasione per conoscere i mostri nell’armadio dei miei altri colleghi, anche se tutti insieme questi mostri non fanno più così paura». La mostra è stata organizzata con la collaborazione dell’associazione culturale Centrale Fotografia di Fano e la co-partecipazione del Consiglio Regionale delle Marche. Il curatore, Marcello Sparavento, approfondisce il ruolo della fotografia nei contesti dei social network, in particolare Instagram, riuscendo nel tempo a comporre una sorta di mappa delle varie modalità espressive della fotografia attuale. Nel titolo è stato esplicitamente ricordato l’anno 2020, momento in cui è esplosa la pandemia da Covid 19 e che ha influenzato in modo particolare le nuove generazioni, spingendole a confrontarsi con un clima di estrema incertezza e preoccupazione per il futuro. Il corpo, i luoghi d’appartenenza, la materia, genere e identità, la società e la comunicazione, sono i temi messi in campo in questa sorprendente collettiva che mette in evidenza diverse contaminazioni della fotografia e nuovi tentativi di conquista di spazi d’espressione funzionali al desiderio di coniare un proprio e univoco linguaggio. Queste sperimentazioni, volte allo studio e all’approfondimento della fotografia contemporanea, sono state ispirate anche dal libro Nuova Fotografia Italiana (Schwarz editore, 1959) di Giuseppe Turroni, che indaga le nuove urgenze interpretative della fotografia italiana riferite al periodo post bellico conseguente al secondo conflitto mondiale. La mostra è stata inaugurata il 6 novembre e sarà fruibile, gratuitamente con obbligo di green pass, fino al 28 novembre, per tutte le info: www.fondazionepescheria.it.
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