IL MATTINO
Si rinnova il tentativo di far incontrare le storie di chi è rimasto con quelle di chi arriva
20.07.2018 - 19:20
Il rumore dei passi che rimbombano nella calma avvolgente e fin troppo statica dei vicoli. Lo sguardo degli anziani che sbirciano dalle loro finestre per seguirti fin dove è possibile. Il sorriso di chi incontri che sembra voler dire “benvenuto, come mai da queste parti?”. Il paese.
A me piace la parola paese. Una promessa di “cose buone” senza rumore, in un tempo lungo, lento e profondo. Una promessa di “possibilità” sul piano umano. Il “prossimo tuo” in carne ed ossa, da vivere anche come attrazione culturale.
In estate, in paese, ciò che durante l’anno è vuoto di senso, si fa autentico e quasi ostentato.
In estate, in paese, si vive di equilibri alterati. Cominciano i giorni memorabili di gloria oltre i nobili tempi quotidiani. E arrivano i villeggianti. Arrivano i parenti. Torna chi è emigrato.
In estate, in paese, si fa tardi la sera. Tutti con le sedie fuori dalle porte a ritrovarsi e a raccontarsi e i bambini a riempire la piazza di tiri a pallone. Cominciano le sagre e le rievocazioni storiche che riprendono le fila del tempo passato. Si accendono le luminarie e le feste.
In estate, in paese, ci sono gli eventi organizzati. Ricchi calendari di iniziative per grandi e piccolini. Spettacoli a volte spiazzanti, che hanno senso solo e soprattutto in questi luoghi interni e addormentati, eppure estremamente vivi grazie ad una idea di bellezza che è una vera e propria visione. Le strade e le piazze si trasformano in teatri a cielo aperto. Arene o piste di circhi improvvisati ove hanno luogo riti di passaggio, di iniziazione, individuali e collettivi, pubblici o privati che, una sera dopo l’altra, raccontano storie ad un pubblico straniero nella speranza di stregarlo e di farlo ritornare. Quanto fascino in tutto questo fare! Il denso, appassionato manifesto di queste piccole entità di un altro modo di intendersi. Di fondo l’idea di potersi reggere sulla poesia. La poesia ignara di cui sono portatori inconsapevoli questi luoghi, che hanno un passato popolare da difendere come un’opera d’arte e il valore dell’incontro tra le persone da riaffermare. In concreto il tentativo di far incontrare le storie di chi è rimasto con quelle di chi arriva e di dare decoro alla “restanza” attraverso la creazione di relazioni, culture, economie magari poco rispettose dei sublimi canoni artistici ma sicuramente vitali. In sintesi il tentativo di politiche nuove, che guardino alle convivialità come a nuove forme di socialità utili a ricostituire comunità dense di passioni. Operazioni difficili, complesse. Operazioni civili, politiche, che richiedono progettazione ed etica del fare nel rispetto del sano spirito del paese. Che richiedono un approccio capovolto rispetto al "non c'è niente da fare in questo posto".
In estate, in paese, si sperimentano esercizi morali di riscatto. Si adotta, si salva non “ciò che resta” ma l’universo sommerso di potenzialità diverse di “ciò che è”.
Per i lettori curiosi si segnala che tra i campi di grano arato o nelle ridenti colline lucane, a pochi chilometri dalle città, ci sono centinaia di suggestivi paesi che offrono, a prezzi convenientissimi, piacevoli estati da trascorrere insieme. Tutti invitati a guardare i tramonti seduti al bar e a sentirsi felici.
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