IL MATTINO
Le dichiarazioni di Lucia Vito Longo, madre del ragazzo di Sant'Arcangelo trovato morto in un pozzo
07.03.2018 - 18:40
«Giuseppe è stato ucciso». Così, al cronista del settimanale Giallo Gian Pietro Fiore, si rivolge la signora Lucia Vito Longo, madre di Giuseppe Sansanelli, il 26enne scomparso lo scorso 23 dicembre da Sant’Arcangelo, in provincia di Potenza, e ritrovato morto in fondo a un pozzo il 17 gennaio.
Giuseppe, che da anni viveva con la famiglia a Castel San Pietro, si trovava in Basilicata per far visita ai nonni in occasione delle festività natalizie. Quella mattina, l'ultima, era uscito per fare jogging. Ma non è più tornato.
Il giorno della sua scomparsa, il giovane era vestito in modo sportivo. Indossava una felpa grigia con il cappuccio, un paio di pantaloni da corsa neri, dei calzettoni verdi e un paio di scarpe grigie. Quando è stato ritrovato, invece, era completamente nudo, «non aveva neppure gli indumenti intimi. Soltanto i due tatuaggi, uno dietro al collo e l’altro sul gomito sinistro, erano ancora visibili». E dei vestiti nessuna traccia. «Se si fosse spogliato e avesse nascosto i vestiti da qualche parte, - spiega la signora - si sarebbe dovuto graffiare i piedi. Sotto la piante dei piedi sarebbero rimaste delle tracce di terra. Invece non è stato trovato nulla». Come mai il corpo era privo di vestiti? Perché gli abiti non sono stati rinvenuti? E soprattutto perché renderlo irriconoscibile? Tante le domande che assillano i genitori del povero Giuseppe. «Ma la cosa più assurda - continua la madre - è che il cancelletto del pozzo è stato trovato chiuso, come se Giuseppe, prima di cadere in fondo, dove l’acqua è alta tre metri, si fosse chiuso la porticina alle spalle. È impossibile!».
Diversi i particolari che non quadrano. E così, insieme ai dubbi si fanno strada nella mente di Lucia Vito Longo anche alcune "convinzioni". «Altro che suicidio o allontanamento volontario. - sostiene la madre del ragazzo - Ne sono più che convinta dopo il ritrovamento delle sue scarpe da trekking. Gli elementi che fanno pensare a un omicidio ci sono tutti». Le scarpe sono state ritrovate il 23 gennaio, 33 giorni dopo il ritrovamento del corpo, a circa quattrocento metri di distanza dal pozzo, rinvenute dal proprietario del terreno, in mezzo alle erbacce. «Quelle scarpe sono state portate lì da qualcuno. - continua la signora Lucia - Quella zona era stata battuta palmo a palmo, sia prima che dopo il ritrovamento del cadavere. In quel fazzoletto di terra c’erano già stati i carabinieri, i volontari, noi genitori e tanti amici. Nessuno le aveva notate prima». Ma c'è un particolare preciso ad accendere il sospetto: Quando i carabinieri le hanno sequestrate per farle analizzare dai Ris, ci siamo accorti che erano perfettamente pulite. Luccicavano. Non c’era un briciolo di terreno, né un segno d’erba. Eppure in quei giorni aveva piovuto e il suolo, prevalentemente argilloso, avrebbe dovuto imbrattarle. Chi lo ha ucciso, dunque, non solo le ha
portate lì sei giorni dopo, ma le ha anche pulite per evitare che si potesse comprendere qualcosa sul delitto».
«Per quanto mi possa sforzare, - conclude - non riesco ancora a capire cosa gli sia potuto accadere. Sicuramente qualcuno, volontariamente o involontariamente, gli ha fatto del male e poi si è liberato del corpo per allontanare ogni sospetto. L’esito dell’autopsia ancora non è stato depositato al giudice. Noi attendiamo con fiducia».
edizione digitale
Il Mattino di foggia